Storia

Il 15 ottobre 1891 Antonio Caccia, a Lugano, scriveva di suo pugno il testamento con il quale , tra le altre sue ultime volontà, esprimeva anche quella di destinare il suo lussuoso palazzo, che tuttora esiste a Trieste, a persone triestine di disagiate condizioni economiche che diversamente non avrebbero potuto procurarsi un alloggio.

La morte lo colse tre anni dopo e il testamento fu pubblicato il 18 febbraio 1893.
Nel voler dare esecuzione alla volontà testamentaria del benefattore, il Comune rilevò che l'imponente palazzo Caccia, costruito senza economia e fino a quel momento destinato a confortevole e signorile residenza, risultava poco adatto alla destinazione dal testatore voluta, per cui ritenne più opportuno operare una permuta a seguito della quale il palazzo venne rilevato dal Comune per uso proprio mentre in compensazione sarebbero stati in parte costruiti degli stabili nuovi più funzionali e più idonei ed in parte sarebbero stati conferiti alla costituenda fondazione degli edifici di pregressa costruzione da adibire a ricoveri in comune per famiglie senza tetto.

Dieci anni dopo, precisamente il 19 febbraio 1901, mossa da uguale impulso caritatevole e con uguali finalità, la baronessa Maria Burlo Garofolo , nello scrivere le sue ultime volontà, destinava un'importante somma di danaro alla costruzione di alloggi popolari per persone non abbienti residenti a Trieste.

Il 28 febbraio 1903, dopo la morte della testatrice, il testamento fu pubblicato.
Fu così che in esecuzione della volontà testamentaria dei due benefattori la Fondazione Antonio Caccia e Maria Burlo Garofolo venne eretta in ente morale con il Regio decreto 10 dicembre 1934 e la sua precipua finalità statutaria fu identificata nella concessione di modesti alloggi a famiglie indigenti dietro la corresponsione di un adeguato canone locatizio.

La capienza alloggiativa dell'Ente originariamente era data da nove edifici comprendenti 185 alloggi minimali in via Domus Civica a S. Sabba, da due case in via Cesare dell'Acqua a Poggi S.Anna che contenevano70 e rispettivamente 55 stanzette dotate di focolaio e servizi in comune, da due case a Guardiella e Timignano che offrivano ulteriori 146 stanzette ed infine da cinque stabili di vecchia costruzione in via Soncini adibiti a ricoveri in comune per famiglie e persone senza tetto .

L'attività iniziale dell'Ente, peraltro in buona parte economicamente supportata dal Comune di Trieste per preciso impegno assunto, comprendeva anche la gestione, affidata alla Fondazione, di due ricoveri promiscui in via dell'Istria e in via Cologna, di cui il secondo, per un periodo, fu trasformato, anche se non adeguatamente adatto allo scopo, in ricovero per anziani.

Nel corso degli anni l'evoluzione legislativa e gli intervanti di manutenzione sul patrimonio immobiliare modificarono rispettivamente la connotazione giuridica e la conformazione strutturale degli alloggi con la conseguenza che da un lato la Fondazione originaria si trasformò in Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficenza e dall'altro, grazie a contributi statali, fu possibile realizzare un programma di nuove costruzioni e risanamenti.

Aboliti i ricoveri comuni che davano origine a gravi problemi di sovraffollamento e promiscuità, furono in sostituzione edificati sei nuovi stabili in via Soncini con 110 alloggi di una o due stanze e servizi e dalle due case di Guardiella e Timignano si ricavarono 105 alloggi di uguale composizione e caratteristiche.

Fu chiuso il precario asilo per anziani di via Cologna , mentre furono venduti i due stabili di via Cesare dell'Acqua per consentire all'Ente di partecipare alla realizzazione del Piano di Recupero Urbano di via Flavia, in esso conferendo anche i 185 alloggi di via Domus Civica fortemente degradati, sulla base dell'accordo di programma sottoscritto tra Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia,Comune di Trieste, Ater della Provincia di Trieste e Istituto Antonio Caccia e Maria Burlo Garofolo.

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